Ponte dentale da 20 anni? La soluzione definitiva
Si è presentato nella nostra Clinica un paziente quarantenne che aveva da circa 20 anni un ponte definitivo su denti naturali sull’arcata superiore. Era stato inviato da un odontoiatra di Como.
Descrizione del paziente
Il ponte si era decementato più volte ed il paziente si era deciso a richiedere una riabilitazione con impianti perché il dentista che lo aveva in cura si era reso conto ormai che i monconi dentali che supportavano il ponte non erano più recuperabili e nella zona molare aveva poco osso.
Indice dei contenuti
Analisi del caso
Si è constatato ad una prima visita che i vecchi denti (monconi) su cui era ancorato il ponte erano irrecuperabili e quindi si sarebbe dovuto procedere alla loro estrazione.
La zona in cui posizionare gli impianti presentava una quantità di osso residuo molto ridotta, in quanto i seni mascellari erano molto espansi (molto ampi). Il primo intervento ipotizzato è stato quello di fare un rialzo del seno mascellare con innesto osseo, sia nella parte sinistra, che destra.
Analizzando però più attentamente la situazione abbiamo intravisto la possibilità, una volta rimossi i denti nella zona dei premolari, di inserire degli impianti direttamente negli alveoli post-estrattivi (cioè nelle cavità rimaste dopo l’estrazione dei denti).
Questa soluzione era in linea con la nostra filosofia di evitare, per quanto possibile, interventi invasivi quali possono essere i rialzi di seno mascellare o gli innesti ossei.
Tramite una TAC Cone Beam effettuata al paziente si è valutata “sufficiente” la quantità di osso residuo in cui erano alloggiati i monconi dentali per posizionare e supportare gli impianti.
Si è deciso pertanto di abbandonare il progetto dell’innesto osseo e di sfruttare al massimo l’osso residuo degli alveoli post-estrattivi.
Il concetto biologico
Le fasi dell’intervento
Al paziente, in sedazione cosciente, sono stati estratti i denti residui e direttamente negli alveoli post-estrattivi del mascellare superiore sono stati inseriti 6 impianti. Gli spazi tra gli impianti e le cavità rimaste sarebbero presto stati colmati di osso generato dallo stesso coagulo sanguigno.
Si è proceduto con la tecnica della chirurgia mini-invasiva ed anche il costo biologico per il paziente è stato minimo.
I benefici per il paziente trattato con questa tecnica sono stati molteplici:
- minima invasività chirurgica
- tempi di guarigione ridotti
- ottimale guarigione dei tessuti gengivali
- assenza o ridotta sintomatologia dolorosa post-operatoria
- riduzione dei rischi chirurgici
Le conclusioni
I vantaggi per il paziente, trattato e riabilitato con questo tipo di intervento, sono stati:
- evitare un rialzo bilaterale del seno mascellare con innesto osseo
- potere accedere ad un carico immediato, cioè in una riabilitazione provvisoria (protesi avvitata sugli impianti dentali) nel giro di 24 ore
- usufruire di una chirurgia mini-invasiva garante del risultato estetico, in quanto non sono state fatte incisioni chirurgiche
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