Caso clinico di Giovanni
Giovanni, paziente di 63 anni, soffriva di parodontite all’arcata inferiore. Si era trascurato a tal punto che superiormente aveva già una protesi mobile (dentiera) da anni. Purtroppo era in cura con antidepressivi per una forte depressione.
Quando è venuto in Clinica era così terrorizzato che non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi. Ho cercato subito di metterlo a proprio agio preferendo il mio ufficio alla poltrona dello studio.
Abbiamo parlato della sua situazione clinica, delle patologie che aveva e dei farmaci che assumeva.
Gli ho detto che non doveva avere paura dell’intervento e che un’anestesista si sarebbe preso cura di lui per tutto il tempo necessario. Sarebbe stato tranquillizzato con l’utilizzo della sedazione cosciente.
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Analisi del caso clinico di Giovanni
Ho eseguito al paziente una Tac Cone Beam e l’ho elaborata in un modello tridimensionale tramite l’utilizzo di un apposito software.
Questa procedura mi ha permesso di poter valutare inizialmente se i denti inferiori rimanenti fossero salvabili. Purtroppo erano circondati da poco osso e anche dopo una valutazione clinica con sondaggio parodontale ho deciso che dovevano essere estratti.
Ho quindi pianificato sul computer l’intervento posizionando 5 impianti nella mascella e 4 nella mandibola. Sono andato poi a verificare che ogni singolo impianto fosse completamente circondato da osso. Con Giovanni abbiamo valutato ogni singolo passaggio nei minimi particolari e lui ha accettato che io lo operassi. A maggio abbiamo eseguito l’intervento nell’arcata superiore (mascella) e a settembre quello inferiore (mandibola)
Quali sono state le difficoltà:
- riportare il paziente ad avere una masticazione efficiente ed un sorriso naturale
- la presenza di un vecchio impianto che si era spezzato ma il frammento all’interno dell’osso era perfettamente osteointegrato
- nelle zone molari dell’arcata superiore non aveva osso. Ho dovuto inclinare gli impianti in modo da evitare un grande rialzo del seno mascellare.
Il paziente pur avendo portato per anni una protesi mobile nell’arcata superiore non aveva modificato la morfologia del suo viso e non soffriva di dolori muscolari correlati all’articolazione temporo-mandibolare. Durante la chirurgia ho seguito un protocollo che ho messo a punto da anni e che mi permette di mantenere la morfologia del viso pre-esistente con un’altezza corretta dei denti.
Ho poi preso le impronte ed utilizzato arco facciale ed articolatore per riprodurre una protesi dentale che rispettasse al massimo la biomeccanica dell’articolazione temporo- mandibolare.
Perché trasferire i giusti parametri dei movimenti articolari?
Ho sempre creduto che trasferire i giusti parametri dei movimenti articolari con vari ausili quali arco faciale e articolatore, specialmente nelle grandi e complesse riabilitazioni protesiche, (in collaborazione con specialisti quali chiropratici, osteopati e posturologi), avrei ottenuto per i miei pazienti una protesi più accurata possibile e non avrei causato loro danni tipo: dolori cervicali, mal di testa, dolori alle spalle ecc ecc…
Il giorno successivo all’operazione abbiamo consegnato a Giovanni un ponte in lega-composito avvitato sugli impianti.
Dopo 6 mesi abbiamo eseguito delle radiografie endorali, sondato i tessuti perimplantari e misurato la stabilità per ogni singolo impianto in modo da valutare la perfetta osteointegrazione.
Dopo 6 mesi è stata consegnata al paziente la riabilitazione protesica, superiore ed inferiore, in zirconio-ceramica
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